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La giustizia tra sussurri e grida

È indubbio che, di recente, molti cambiamenti sono intervenuti in Tribunale e nella amministrazione della giustizia. Viene però un po’ in mente Ingrid Bergman, “sussurri e grida”. Le grida sono quelle del governo, e della maggioranza del Consiglio giudiziario e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati: sottolineano giustamente le riforme effettuate, e i supposti risultati ottenuti (anche se quando il tribunale parla all’unisono con il governo, sorgono alcune perplessità). I sussurri sono quelli, sempre più frequenti, che echeggiano nei corridoi del tribunale, ma anche della politica: ed è paradossale perché alla fine provengono dalle stesse categorie di cui sopra, avvocati, funzionari del tribunale e suoi ausiliari/forze dell’ordine, politici di tutti gli schieramenti. Non appena il giudice Caprioli ha lasciato l’incarico di Giudice di Appello penale (per il prestigioso incarico alla Sapienza di Roma, ufficialmente; per diversità di vedute con la maggioranza, secondo i maligni), si è subito iniziato a dire che il suo sostituto sarebbe già noto, nonostante ancora non fosse uscito neppure il bando. Circola nome e cognome: “altri mattoncini (Bricchetti) nella costruzione del tribunale”. Solo voci e vanno prese come tali. Ma in questo caso i sussurri fanno trapelare anche una preoccupazione particolare. Con l’arrivo del dirigente Canzio, il tribunale si è riempito di altri giudici aventi la stessa provenienza: giudici appartenenti alle alte sfere della giurisdizione italiana, ora in pensione. Il termine utilizzato è “colonizzazione”: sembra che il tribunale di San Marino sia diventato una area di ri-collocazione privilegiata di giudici italiani – basati a Roma nelle più alte giurisdizioni – in pensione. La situazione solleva particolari perplessità. Tanto da un punto di vista generale di sovranità della Repubblica, che deve avere una parola forte nella selezione dei giudici, e non può affidarsi completamente a funzionari dello Stato italiano per l’esercizio di sue funzioni sovrane. Quanto dal punto di vista, più concreto, correlata alla età: San Marino recluta giudici che, nell’ordinamento italiano, sono considerati avere raggiunto una età che non consente loro di proseguire nell’attività giudiziaria. Lo stesso ordinamento giudiziario sammarinese prevede peraltro una età massima per il Giudice di Appello; e ci si ricorda tutti con quanta risolutezza venne dismesso dall’incarico, all’età di sessantotto anni, il professor Nobili. La tradizione sammarinese è orientata in tutt’altra direzione. Saggiamente – si dice e si fa notare – sono sempre stati nominati giudici di appello professori: Astuti, Pecorella, Peruzzi, Ferroni, Guidi, Gualtieri, Nobili, Caprioli, Brunelli, Di Bona. Solo Pierfelici e [Emiliani] non erano professori universitari: ma l’eccezione deriva dal fatto che hanno percorso la carriera interna, avendo svolto per anni il ruolo di giudice di primo grado. Si dice anche che bisogna evitare che questi sussurri diventino grida. È già successo con gli ultimi concorsi per uditori e per commissari: si sussurrava il nome delle vincitrici, evidenziandone i rapporti personali, e quelle sono state le vincitrici; si sussurrava il nome dei vincitori, evidenziandone i rapporti personali, e quelli sono stati i vincitori. La domanda che adesso tutti sussurrano è la seguente: è ammissibile per San Marino che un Consiglio giudiziario, guidato da un alto magistrato italiano in pensione (Canzio), nomini una commissione composta da alti magistrati italiani in pensione (Severini, Fumu, Iadecola), che magari proclamerà vincitore un altro magistrato italiano in pensione? Chi sussurra spera che non si debba nuovamente vedere confermato il sospetto; che il bisbiglio resti tale e non diventi un ulteriore grido.

da L’Informazione del 16 marzo 2023

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