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Le (dis-)avventure brasiliane di Enrique Bañuelos de Castro (Seconda Parte)

Enrique Bañuelos de Castro, con il suo modello Astroc, aveva lasciato un cattivo ricordo in Spagna e negli Stati Uniti. Astroc era il gruppo finanziario-immobiliare che aveva raggiunto un valore di mercato di 9.000 milioni di euro nel febbraio 2007, e che poi è crollato del 95%, riempiendo le tasche degli investitori di profitti virtuali e perdite reali. La crisi aveva detronizzato Enrique Bañuelos. Molti avevano capito che fare affari con l’imprenditore di Valencia portava grandi profitti a Bañuelos e perdite colossali per gli azionisti e gli investitori. La ferita era ancora fresca e Bañuelos era deciso a cambiare aria.

L’ex presidente dell’immobiliare Astroc era deciso a creare il suo secondo impero di mattoni, questa volta dall’altra parte dell’Atlantico, in Brasile, replicando il modello Astroc.

Quando è arrivato in Brasile alla fine del 2008, l’investitore spagnolo ha chiarito che intendeva diventare uno dei principali imprenditori del Paese. Controverso e audace, visto con una certa trepidazione a causa delle sue disavventure nel mercato immobiliare spagnolo, Bañuelos, con una sicurezza inusuale per uno che si muove in nuovi territori, ha dichiarato di volere essere il leader del mercato immobiliare brasiliano, per poi passare alla conquista di altri settori. I suoi piani prevedevano la costruzione di oltre 5.000 camere d’albergo, la creazione di un’azienda per dominare il settore agroalimentare e varie altre iniziative in settori come l’alimentazione, l’energia, il turismo, la salute, la bellezza, la moda e ‒ non poteva mancare ‒ il tempo libero.
Con una fortuna di 2 miliardi di dollari all’epoca e un buon passaparola, Bañuelos sembrava davvero convinto che la sua buona stella avrebbe brillato in Brasile. Dal suo arrivo, tuttavia, poco è andato secondo i piani. Lo spagnolo ha comprato, creato e venduto aziende, ha guadagnato e perso (e fatto perdere) denaro, si è fatto amici (pochi) e nemici (molti). Certamente non è riuscito a costruire l’impero che si era prefissato. Aveva promesso (o “minacciato” secondo alcuni) che sarebbe rimasto in Brasile per 40 anni, ma dopo solo tre anni, e dopo molte battute d’arresto, la sua avventura brasiliana era già vicina alla fine.

Bañuelos, non ha avuto vita facile in Brasile, ritenuto volubile e impulsivo dalla stampa locale, l’imprenditore spagnolo non ha portato a termine nessuno dei suoi progetti.  

La sua prima iniziativa è stata la costituzione della più grande società immobiliare del Brasile, che ha iniziato a promuovere, appena arrivato. Già alla fine del 2008, ha cominciato a rilevare società in difficoltà che potevano essere risanate. Così ha acquisito la società Agra poi, tra febbraio e aprile del 2009, la  Abyara e Klabin Segall, tutte società in difficoltà finanziaria. A fine 2009 le società anno erano già accorpate in un nuovo gruppo, Agre, di cui Bañuelos controllava il 22%.

Ma le cose non sono andate come previsto. La prospettiva di recuperare la redditività delle aziende in difficoltà si sono rivelate clamorosamente sbagliate. Infatti le entrate non sono aumentate, c’erano molti asset problematici, oltre che debiti enormi; per 482 milioni di euro, da pagare in quattro anni. Così nel maggio 2010, poco dopo aver annunciato ulteriori acquisti per Agre, Bañuelos e i suoi soci per evitare un terribile destino, hanno optato per integrare la società immobiliare (7.200 milioni di euro di terreni) in PDG Realty, uno dei colossi del settore, in cui hanno acquisito il 6,7%.  

Contemporaneamente l’audace Banuelos ha iniziato ad investire nel  settore agroalimentare, con l’acquisto dell’86% di Maeda, uno dei maggiori produttori agricoli del Brasile. La sua idea era “creare un colosso brasiliano per competere con Cargill o Bunge”. A fine 2010 ha raggiunto un accordo con Brasil Ecodiesel, leader del Paese nei biocarburanti, per fondere le due società e mantenere circa il 30% della nuova società. Il suo progetto Ecodiesel prevedeva la riduzione del business del biodiesel, allora in crisi, e l’espansione alla produzione agricola, un settore molto promettente in Brasile. Per portare avanti questo piano, Bañuelos, nell’aprile 2011, ha acquisito il 50% di un’altra società, Vanguarda Agro, produttrice di soia e cotone, per la quale ha pagato 240 milioni di euro, con l’obiettivo di fonderla con Ecodiesel. Ed è qui che sono iniziati i problemi. I suoi partner si sono opposti alla fusione, che è stata ritardata per mesi. Si sono opposti anche a un altro progetto: vendere metà dei terreni del gruppo per 400 milioni di euro a un fondo esterno, che sarebbe stato gestito da Veremonte: un’idea che avrebbe consentito a Buñuelos di addebitare commissioni amministrative del 2% e del 20% sui risultati. L’insaziabilità dell’imprenditore spagnolo ha creato scompiglio tra gli altri azionisti.  

Nel maggio 2012 Bañuelos ha gettato la spugna, ha venduto parte del suo pacchetto e ha lasciato il residuo ad altri soci, con cui aveva pagamenti in sospeso. Anche il pacchetto azionario in PDG Realty, e in Vanguarda Agro, sono rimasti agli ex soci di Banuelos.  

In Brasile, Banuelos ha perso il suo lustro, così ha intitolato la rivista Exame in un articolo del 2012, intitolato “Bañuelos perdeu a briga”. Quell’articolo, secondo El Pais, è il necrologio di Banuelos. 

Nel 2014 è finito in un nulla di fatto anche il progetto del casinò. La società Veremonte di Enrique Bañuelos, voleva aggiudicarsi una licenza di casinò nel grande complesso BCN World dedicato al tempo libero e al turismo. Ma la Commissione Tecnica dei Casinò ha analizzato la documentazione presentata ed ha deciso di escludere la sola offerta presentata da Veremonte (ossia dalla società di Bañuelos), ritenendo che non fosse provata «la solvibilità tecnica in materia di gestione del gioco d’azzardo e delle case da gioco (…) negli ultimi cinque anni». La società non era risultata tecnicamente solvibile dal punto di vista della gestione del gioco e neppure sotto il profilo finanziario. Infatti i soggetti interessati all’aggiudicazione sono tenuti a provare e giustificare la loro solvibilità economica e la loro solvibilità tecnica in base alle esperienze cumulate negli ultimi cinque anni. Inoltre l’aspirante avrebbe dovuto garantire un investimento iniziale minimo di 300 milioni di euro. Veremonte, la società di Bañuelos, non non ha superato il vaglio della commissione ed Enrique Banuelos de Castro si è visto negare l’autorizzazione tanto ambita. Era l’ennesima débâcle.   

Enrique Bañuelos sembrava aver rinunciato al Brasile nel 2013, quando ha deciso di chiudere l’ufficio di Veremonte Participações dopo una serie di investimenti falliti. Ma dopo poco è tornato. In sordina ha aperto una filiale brasiliana di QEV, azienda specializzata nella ricarica dei veicoli elettrici che ha già sedi in dieci Paesi.  

In Brasile QEV ha negoziato un accordo esclusivo con una rete di stazioni di servizio per installare, nel 2017, più di 400 punti di ricarica, che richiederanno un investimento di 50 milioni di dollari. La promessa di QEV era rifornire un’auto elettrica in 15 minuti, un tempo di gran lunga inferiore rispetto agli attuali tempi di ricarica.

Peccato che in Brasile il mercato delle macchine elettriche sia particolarmente immaturo. A questa lacuna Enrique Bañuelos voleva porre rimedio, ma a distanza di dieci anni i suoi propositi sono falliti, come è fallito il suo progetto europeo di costruire macchine elettriche. Questa però è un’altra storia. Ne parleremo più avanti.   

TE 

Domani seguirà la terza parte

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