L’esplorazione dell’enogastronomia croata

Prossima fermata Croazia. Se state già pensando alle prossime vacanze, i nostri vicini di casa potrebbero essere la scelta giusta. Non fosse altro per dar loro il benvenuto nella cara vecchia Europa. La Croazia è diventata, infatti, il ventesimo membro dell’Eurozona. Non succedeva dal 2015, quando all’epoca fu il turno della Lituania. E ora i croati sono pronti a mettere a frutto l’euro soprattutto in ambito turistico. Vero è che da tempo le coste balcaniche sono diventate centro di attrazione per molti, soprattutto per gli italiani. Solo i primi sette mesi del 2022 hanno visto un’impennata di arrivi e di vacanzieri, pronti ad esplorare le bellezze di questa terra, tra coste frastagliate, paesini arroccati sui monti, città futuristiche e, ovviamente, tanto buon cibo.
Chi di voi ha già avuto la fortuna di visitare questa terra antica e zeppa di storia, sa bene quanto la tradizione gastronomica locale sia il frutto di tante contaminazioni. Di popoli e di culture che hanno intessuto un racconto di cibo, fatto sì di materie prime territoriali, ma anche di tanti modi di vedere e pensare la cucina. È complicato infatti dare una definizione univoca della gastronomia croata. C’è quella dall’anima più mediterranea, che tanto somiglia al gusto italiano. C’è quella più vicina ai sapori austriaci e ungheresi. Così come quella che strizza l’occhio all’orientale Turchia.
Sta di fatto che i croati amano mangiare bene e sono tantissimi anche i presidi Slow Food e le tante proposte di esperienze turistiche enogastronomiche, che cominciano a prendere piede nel paese. Anche il compianto Anthony Buourdain si era accorto di una così grande vivacità culinaria, tanto che si era definito un idiota per non aver scoperto e diffuso prima nel mondo l’enogastronomia croata.
La porta di ingresso per noi italiani alla conoscenza di questa cultura è sicuramente l’Istria, penisola che è stata definita il paradiso gastronomico locale. Di primo acchito, potremmo anche storcere il naso di fronte a un menù di un qualsiasi ristorante istriano. I piatti che troveremmo avranno nomi e aspetto per lo più conosciuti anche da noi. Qui si mangia tanta pasta. E i camerieri saranno pronti a proporvi fuži e pljukanci, simili a dei maccheroncini, conditi con i frutti di mare e il pescato dell’Adriatico, o magari con un soffritto di prosciutto crudo e una colata di cime di asparagi selvatici, di cui la regione è ricca. L’assaggio però non lascia delusi: qui la pasta si cuoce al dente, quindi potete andare sul sicuro. Nella cucina istriana, ma in generale in tutta la Croazia, c’è anche tanto riso e una delle specialità è senza dubbio il crni rizot(risotto nero), preparato con i calamari.
Ovviamente, quando si parla di Istria, non si può prescindere assolutamente dal tartufo, che con il suo profumo invade cucine e tavoli all’aperto. Questa è l’unica zona al mondo, infatti, fuori dall’Italia dove si può trovare il tartufo bianco. E nel grazioso paesino di Buzet (Pinguente) ogni anno si tiene in autunno una sagra per celebrare la magnificenza di questo fungo.
Paese che vai, massaie che trovi. La cucina croata trae la sua forza dalla terra e dal mare, dagli ingredienti poveri da reperire in dispensa o nei campi. Ecco l’origine, ad esempio, delle tante focacce che un tempo servivano a sfamare gli uomini durante le lunghe ore di lavoro. Nell’isola di Vis (Lissa), dove per lo più l’economia è dedita alla pesca, la specialità locale è la komiška pogača, una focaccia di pasta lievitata che racchiude un ripieno di sardine o acciughe sotto sale, miste a pomodori rossi maturi, cipolla rossa e tanti capperi. In Dalmazia, invece, si può fare uno spunto a base di poljički soparnik, una sfoglia con bietole e cipolle, che di solito, essendo considerato un cibo povero, si consumava nei giorni di digiuno comandato. Sapori mediterranei, quindi, che accompagnano dolcemente tutta la costa croata dell’Adriatico. Spostandoci verso l’interno, invece, sarà il gusto un po’ più deciso e corposo a travolgere i nostri sensi. L’influenza austro-ungarica, infatti, si fa sentire negli spezzatini come il gulasch o come la pasticada, uno stufato di manzo cotto nel vino e servito con corposi gnocchi. O ancora la salsiccia speziata, conosciuta con il nome di Kulen, tipica della Slavonia, dove si può assaggiare anche il čobanac, uno stufato ricco di diverse carni, dal manzo all’agnello, impreziosito da tanta paprika e peperoncini secchi.
Piatti densi, insomma. Come la cosiddetta minestra verde di Konavle (Canali), vicino a Dubrovnik, a base di carne secca, patate, prosciutto crudo di Dalmazia e tante tipologie diverse di cavolo. O come la famosa cotoletta alla zagabrese, carne di vitello farcita con prosciutto e formaggio e fritta: richiestissima dai turisti, insieme ad un contorno classico di patatine fritte o di risi e bisi con riso e piselli, che qui chiamano rizi-bizi.
La cultura orientale la si può ritrovare invece nei sinjski arambašići, molto simili al sarma turco: involtini di foglie di cavolo ripieni di carne trita di maiale o di manzo. Si consumato per tradizione in autunno nella zona dell’entroterra dalmata. Magari davanti ad un bicchiere di buon rosso.
Sì, perché qui non si può non provare il vino locale. I lettori di Usa Today hanno addirittura proclamato la Croazia come una dei territori vinicoli migliori al mondo, superando anche la nostrana Toscana. Effettivamente, ci sono alcune varietà di vino conosciute anche in Italia che devono i loro natali proprio alla terra corata. Come ad esempio il tribidrag, noto da noi come primitivo.
In generale la Croazia ha sviluppato una cultura enologica importante, quasi tutta incentrata su vitigni autoctoni. Ogni regione, ovviamente, tende a differenziarsi, un po’ come accade per la gastronomia: questa è una terra che muta paesaggi e terreni e ciò si riflette anche nei calici.
Troviamo la graševina, un riesling della Slavonia e del Podunavlje, perfetto da abbinare alle specialità grasse di cui questa zona è ricca. Oppure la malvazija istarska dell’Istria, dall’elevata gradazione alcolica e dall’aroma di frutta e fiori. Il plavac mali è invece un vitigno autoctono di uva nera della Dalmazia, coltivato su pendii perennemente baciati dal sole. Quello di Dingač è stato il primo vino croato Doc, nel 1961. Sempre sui rossi e sempre rimanendo in Dalmazia, troviamo anche l’aromatico e intenso babić, vino che si presta particolarmente anche all’invecchiamento.
Chi preferisce i bianchi, non potrà non amare il traminac, dall’aroma intenso e tipicamente dolce. O il pošip, tra i più antichi e pregiati vini croati, con vitigni cresciuti in suoli sabbiosi che conferiscono profumi caratteristici e un’accentuata acidità. O ancora, la žlahtina, un vino salino, fruttato e armonico, presente in modo importate sull’Isola di Krk (Veglia).
Menu, piatti e sapori, dunque, che valgono un viaggio. E, nonostante sia la tradizione a reggere banco, anche le guide stanno guardando con interesse verso questa terra sincera e coraggiosa. «La Croazia – ha detto qualche tempo fa Gwendal Poullennec, direttore internazionale delle guide Michelin – è una destinazione particolarmente interessante che permette a viaggiatori e buongustai di vivere esperienze gastronomiche autentiche e diversificate. Il paese offre agli chef locali prodotti locali di eccezionale qualità, che li fa superare di giorno in giorno». Dieci stellati, tredici Bib Gourmand e anche una stella verde. Nell’olimpo Michelin anche un italiano, Emanuele Scarello, con un ristorante a Rovigno, Agli Amici, all’interno di un hotel di lusso, che richiama il suo locale a Udine, ma che qui è declinato seguendo la geografia dei prodotti locali.
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