INDEBITO ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI GIORNALISTA, IL TRIBUNALE ASSOLVE SEVERINI

Per il Commissario della legge Vico Valentini “Così come formulato il fatto non sussiste”. La Pf aveva chiesto la condanna perché non abilitato. Per la difesa l’attività di cronaca spetta a tutti
Ha avuto un iter travagliato il caso che ha visto ieri assolto Marco Severini dall’accusa di indebito esercizio di una professione “perché, così come formulato, il fatto non sussiste”, ha sentenziato il Commissario della legge Vico Valentini. Il fascicolo, scaturito dalla querela, poi ritirata, dell’avvocato Rossano Fabbri, era stato aperto nel 2018 ed ha avuto varie vicissitudini. Arriva da una archiviazione, poi da un paio di impugnazioni davanti al Collegio Garante, poi da una riassegnazione. Fino all’udienza di ieri. La genesi del caso Alla prima archiviazione aveva fatto opposizione la Procura fiscale e il perché lo aveva spiegato in una udienza del 2020 davanti al Collegio Garante, adito dal legale di Severini che sosteneva che il Pf non potesse opporti all’archiviazione: “Ci siamo opposti – aveva spiegato il Pf Giorgia Ugolini – perché lo stesso Commissario della legge, aveva chiesto l’archiviazione di altri fascicoli nei quali lo stesso Severini, a delle domande, aveva opposto il segreto professionale, affermando di essere giornalista. In questo caso, invece, l’archiviazione è stata disposta, dal medesimo inquirente, motivando che il Severini non è giornalista. Due motivazioni in evidente antitesi fra loro, per questo la Procura fiscale ha dato parere negativo all’archiviazione, invitando l’inquirente ad approfondire l’indagine per verificare se il Severini abbia o meno la qualifica professionale”. Il fascicolo, con la redistribuzione dei carichi di lavoro, era passato dal Commissario Morsiani al Commissario Battaglino, che aveva poi rinviato a giudizio.
L’udienza di ieri
Si è giunti dunque all’udienza di ieri nella quale in apertura l’avvocato Achille Campagna, che ha rinunciato alle eccezioni preliminari, ha comunque comunicato che Severini due giorni fa ha denunciato per diffamazione il procuratore del fisco Giorgia Ugolini, la quale non ne sapeva nulla, ed ha dichiarato di non aver diffamato alcuno e che, comunque, non riteneva di doversi astenere. Poi l’avvocato Campagna, che per tutto il processo e anche nell’arringa finale ha sostenuto il diritto di ogni cittadino, di tutti, di informare, ha per contro chiesto l’oscuramento di un sito il cui dominio faceva riferimento proprio al rinvio a giudizio di Severini. A parte l’evidente contraddizione, la richiesta è stata rigettata dal Commissario della legge Valentini.
Le conclusioni
Nonostante una possibile non utilizzabilità delle prove sollevata dal Pf nelle questioni preliminari, le parti hanno acconsentito ad utilizzare le prove raccolte in istruttoria per giungere alla conclusione. Dalle testimonianze di gendarmeria, Presidente della Consulta per l’informazione e Presidente dell’Autorità garante per l’informazione dell’epoca, emerge che “Severini – ha detto il Pf – non si limita a condividere notizie di altri, ma spesso le elabora e le commenta. Lo stesso si definisce direttore ed editore, non si è saputo se lo stesso agisca in completa autonomia o con collaboratori, o soggetti terzi. È emerso che agisce come testa giornalistica e che vende spazi pubblicitari. Non è iscritto alla Consulta per l’informazione, né nel registro delle testate giornalistiche. Severini in sostanza ha compiuto atti per cui c’è bisogno di un titolo abilitativo. Patentino professionale che – ha spiegato dal Pf – l’imputato stesso ha confermato di aver restituito. Il Compendio probatorio – ha concluso il Pf – conferma senz’altro la sussistenza della penale responsabilità del Severini. La Procura fiscale chiede la condanna dell’arresto a 1 mese e 15 giorni”. Di diverso avviso l’avvocato Campagna secondo il quale va tutelato il diritto di ciascuno di informare. “L’attività di cronaca spetta a ciascun cittadino – sostiene – una questione che attiene alla libertà di espressione. Giornalesm non ha mai mentito – ha detto Campagna – ha sempre affermato di aver riconsegnato il tesserino perché vuole essere libero, è così che incarna questo spirito democratico”.
Alla fine il Commissario della legge Vico Valentini ha assolto perché “così come formulato, il fatto non sussiste”. Sarà interessante vedere le motivazioni per capire cosa intenda il giudice per “così come formulato”. a.f.
da L’Informazione del 20 gennaio 2023