Quando e dove potrebbe arrivare la prossima grande offensiva russa in Ucraina

Quando e dove avverrà la prossima offensiva russa in Ucraina? La domanda è pertinente e sta occupando sia i servizi di intelligence dei vari Paesi coinvolti, sia i vari osservatori del conflitto sparsi fra media tradizionali e social. L’ansia generata da questi ultimi è particolarmente perniciosa.
Dopo gli spettacolari spostamenti di fronte nel primo anno di guerra, molti si sono abituati a un palleggio continuo di offensive e controffensive, un’aspettativa in realtà abbastanza slegata dalle condizioni sul terreno. C’è addirittura chi ha ipotizzato un massiccio attacco proveniente dalla Bielorussia per tagliare le linee logistiche e di comunicazione fra Polonia e Ucraina, o in alternativa più a est per tentare un nuovo assalto contro Kyjiv.
Entrambe le opzioni presentano grosse difficoltà, non da ultimo la presenza delle paludi di Pripjat lungo buona parte del confine, complicando così le operazioni e rendendo piuttosto prevedibili i percorsi che le forze russe dovrebbero percorrere. Anche in una prospettiva strategica, la riapertura del fronte settentrionale riproporrebbe una miriade di problemi che il comando russo aveva incontrato nelle prime settimane di guerra. Nonostante la mobilitazione parziale, si tratterebbe comunque di un enorme allungamento del fronte, che di fatto diventerebbe impossibile da difendere in maniera omogenea e ridurrebbe al minimo la possibilità di concentrare unità sufficienti per lanciare offensive mirate.
Perché ci si aspetta una nuova offensiva?
Il rumoreggiare su una minaccia proveniente da nord rientra comunque in un disegno strategico. La propaganda del Cremlino ha ripetutamente sottolineato la presenza di nuove unità russe in Bielorussia, agitando lo spettro di un attacco che, per quanto improbabile, le forze di Kyjiv non possono ignorare. Anche se molte delle unità russe addestrate nel Paese sono state trasferite verso il fronte del Donbas, gli ucraini hanno comunque sentito il bisogno di rafforzare i confini settentrionali nel settore di Kherson con la 47° brigata d’assalto, oltre che creare difese fisse a protezione delle unità di confine.
Se gran parte dell’attenzione corrente è infatti concentrata sulle sanguinose battaglie di logoramento per Soledar e Bakhmut, sia gli analisti ucraini sia quelli occidentali partono dal presupposto che nel 2023 ci sarà un’offensiva su larga scala.
Le attività militari svolte in questi mesi invernali (al netto di condizioni meteorologiche più o meno favorevoli in diverse parti del Paese) avevano infatti la funzione di consolidare le proprie forze e, al contempo, logorare le truppe avversarie in vista della bella stagione.
Per la Russia, questo ha significato soprattutto infliggere pesanti perdite umane alle forze ucraine (settore di Bakhmut) e consumarne le difese aeree nelle retrovie. Per l’Ucraina, la priorità è stata mantenere la pressione sulle truppe russe (settore di Lysychansk) e impedire che le loro reclute fossero saldamente integrate nel ordine di battaglia russo. L’altro obiettivo è continuare a eliminare mezzi corazzati e altri sistemi d’arma che Mosca sta facendo fatica a rimpiazzare.
Dopo il logoramento
È evidente che questa politica di logoramento sia funzionale alla creazione di opportunità per un approccio più mobile al conflitto. Prima o poi, una delle due parti sarà convinta che l’attrito inflitto all’avversario sarà sufficiente per osare un assalto più complesso e provare a sfondare verso obiettivi ritenuti strategici. Dove ciò avverrà è una domanda aperta. La tentazione potrebbe però essere particolarmente grande per lo stato maggiore russo, che verosimilmente sta subendo pressioni da parte di Vladimir Putin per poter vendere politicamente una grande offensiva o delle vittorie più spettacolari.
Ovviamente non è possibile prevedere con certezza dove avverrà la prossima offensiva, soprattutto per chi non ha accesso a fonti di intelligence che fendano la nebbia di guerra. Per valutare dove potrebbe avvenire un tale attacco, un’analisi di intelligence professionale andrebbe a guardare una serie di indicatori, quali ammassamento di truppe fresche, la presenza di truppe corazzate, la percentuale di forze composta da truppe regolari e di qualità più bassa (come generalmente i mercenari Wagner), il livello di spossatezza delle truppe ucraine o il numero di munizioni, specialmente di artiglieria, verosimilmente accumulato dai russi.
Molti di questi dati sarebbero derivati e contestualizzati in una cornice più generale: sappiamo ad esempio che i russi stanno attualmente risparmiando sui colpi di artiglieria rispetto al picco di quarantamila colpi raggiunto in estate. Non è chiaro se ciò sia dovuto da un’assenza di riserve o difficoltà logistiche, ma proprio i picchi di sei mesi fa suggeriscono che il comando russo sia riuscito a risolvere i problemi di rifornimento delle prime settimane. In questo ambito, settori in cui si è fatto un minor uso di artiglieria nelle ultime settimane potrebbe indicare l’intenzione di risparmiare proprio in preparazione a un massiccio uso in un’offensiva (come sta avvenendo a nord di Lysychansk e a Zaporizhzhia).
La produzione industriale e logiche politiche
Un altro fattore globale da considerare è la difficoltà degli impianti produttivi russi a sostenere gli attuali ritmi di consumo di mezzi corazzati e, soprattutto, missili da crociera. Secondo intelligence ucraina e analisi open source, i russi stanno producendo un maggior numero di effettori recentemente, indicando una penuria di stock e facendo pensare che l’intensità della campagna aerea russa sia limitata dai quaranta missili che si stima vengano prodotti mensilmente. Questo sarebbe un ulteriore elemento a sfavore dell’offensiva partendo dalla Bielorussia, che richiederebbe molti più attacchi in profondità, nelle retrovie ucraine, e sconterebbe la mancanza relativa di pezzi d’artiglieria nel settore.
Infine, dal lato russo c’è un elemento politico piuttosto importante da considerare. Non è ancora certo quanto Putin stesso creda ancora in un asservimento totale dell’Ucraina, anche se la priorità immediata sembra la conquista degli oblast annessi. Ma anche all’interno di questo panorama più limitato regna la confusione: una catena di comando evanescente e spesso alterata, caratterizzata da conflitti intestini e con la presenza ingombrante di Evgenij Prigozhin e della Wagner, rende difficile discernere le priorità operative dei russi. L’attacco contro Bakhmut e Soledar ne è un esempio: militarmente non è privo di una sua logica, ma si è rivelato fin troppo costoso per giustificare l’ostinazione degli aggressori.
È probabile che l’insistenza russa sia soprattutto causata dalla volontà di Prigozhin di dimostrare l’utilità dei propri mercenari sul campo, oltre che da una logica circolare tipica della strategia russa: una posizione viene assaltata perché è ritenuta politicamente importante, e la sua importanza è data da un forte investimento di mezzi e uomini per catturarla. Anche se il ministero della Difesa rimane saldamente al comando delle operazioni su larga scala (e dell’utilizzo di artiglieria e aviazione), questo è un elemento di disturbi non da poco.
Alla luce di tutto ciò risulta molto difficile fare una previsione su dove potrebbero aver luogo le prossime operazioni su larga scala. Anche se è semplice escludere il fronte bielorusso, esistono molte opzioni piuttosto verosimili che non possono essere escluse sulla base delle informazioni disponibili.
Fra gli sviluppi credibili ci sarebbero un tentativo russo di sfruttare la fatica ucraina a Lysychansk; un attacco ucraino nella regione di Zaporizhzhia, sfruttando le proprie riserve locali insieme a ulteriori pressioni al di là del Dnipro; infine, manovre russe nel sud per prevenire un’offensiva ucraina. Il problema è che nell’attuale fase del conflitto, senza informazioni da insider, tutto quello che viene pubblicato rientra nel perimetro della speculazione.
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