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Alessandro Mancini e gli erti pendii del ridicolo 

Non è un bel momento per la politica. La trasparenza e la coerenza sono diventate merce rara. Ne è un esempio la conferenza stampa con cui Alessandro Mancini ha deciso di esprimere il suo punto di vista sulla mancata indicazione delle esposizioni bancarie che fanno capo allo stesso Mancini non a titolo strettamente personale, ma in qualità di condebitore. Vedere un politico che organizza e si presenta a una conferenza stampa insieme all’avvocato è qualcosa che, anziché rassicurare, preoccupa. Mancini non è sotto processo né, a quanto ci risulta, lo è mai stato. Che bisogno aveva di un avvocato?  Forse Mancini non era in grado di spararle grosse come ha fatto il suo legale quando, durante la conferenza stampa, ha rassicurato che Mancini ha correttamente denunciato i suoi debiti personali, ammontanti a 12.000 euro, mentre non ha denunciato i debiti garantiti attraverso fideiussioni, per tutelare la riservatezza dei terzi.

Beh, con tutto rispetto, siamo di fronte a un argomento, che dimostra poco e convince ancor meno. Qui ci si inerpica sugli erti pendii del ridicolo tentando di difendere l’indifendibile.  Non abbiamo ben capito chi siano i fideiussori. In ogni caso se è stato Mancini a prestare le fideiussioni per tutelare crediti altrui, il nostro consigliere potrebbe agevolmente indicare l’ammontare delle fideiussioni da lui prestate per le quali il terzo creditore ha preteso il pagamento, senza specificare il nome del debitore principale. Niente di più facile. Nell’ipotesi alternativa in cui invece siano stati soggetti terzi a garantire tramite fideiussione i debiti contratti da Mancini, quest’ultimo, altrettanto agevolmente, potrà indicare l’ammontare dei propri debiti, tenendo riservata l’identità del fideiussore o, se preferisce, l’esistenza stessa della fideiussione. Ciò che importa, infatti, non è la posizione dei terzi, ma l’ammontare dei debiti che, a qualsiasi titolo, fanno capo ad un Consigliere della Repubblica.
Chiarito questo concetto, si capisce perché la ricostruzione offerta da Mancini – ripetuta in ogni occasione come un mantra ‒ appaia una spiegazione di comodo rabberciata alla meno peggio per salvare la faccia.

Il problema è che per salvare la faccia, Mancini ha denunciato colleghi consiglieri che avevano ricevuto documentazione comprovante la sua esposizione debitoria. L’archiviazione della denuncia dimostra che a gettare il fango non furono gli esponenti dell’opposizione, ma qualcuno della maggioranza che accusò ingiustamente due consiglieri di Libera di voler ricattare il “povero” Mancini.

Non è proprio un bel esempio di trasparenza (né di fair play politico) un Consigliere che arriva a presentare denunce per salvaguardare la segretezza di informazioni che, secondo il codice etico approvato dal Consiglio, dovrebbero essere pubbliche.

A questo punto si comprende che è capzioso anche un altro argomento usato da Mancini nella conferenza stampa, quando ha dichiarato che la presidenza della Commissione Finanze gli era stata offerta quando era già nota la sua posizione debitoria. Ma davvero? Ma se era nota già allora, che senso ha nasconderla ora? Qualcosa non torna. La vicenda da opaca che era, sta diventando melmosa.

In generale, se davvero il Consigliere Mancini avesse voluto tutelare i terzi e, al contempo, essere trasparente verso le istituzioni e verso i cittadini, avrebbe potuto tranquillamente indicare l’ammontare delle esposizioni che pro quota fanno capo a lui.  Se non voleva indicare l’esposizione dei singoli familiari avrebbe potuto indicare il totale dei debiti specificando che il debito faceva capo a congiunti, senza specificarne ulteriormente se si trattava della moglie, del padre, ecc. Invece Mancini si è trincerato dietro una pretesa salvaguardia dell’altrui riservatezza al fine di mascherare la propria situazione patrimoniale.

Come sempre accade in questi casi, il Consigliere non ha mancato di assicurare di aver sempre agito nell’interesse del Paese. Il problema è l’interesse degli altri dovrebbe essere un obiettivo dell’azione politica e non una giustificazione di scelte individuali che recano vantaggio personale. Senza sapere se Mancini ha debiti, a quanto ammontano e chi sono i creditori, gli elettori non potranno mai sapere se, in occasione di qualunque discussione o votazione, il Consigliere Mancini ha usato il proprio ruolo per avvantaggiare sé stesso. Se il Consigliere Mancini non ci dice se e quante cause per debiti sono state intentate contro di lui, gli elettori non potranno sapere se i procedimenti contro Mancini hanno avuto lo stesso iter e gli stessi tempi di un qualunque altro procedimento giudiziario.

Essere un buon politico è una qualità importante da praticare e non soltanto da predicare. Il politico onesto è sincero, non nasconde il vero. La trasparenza e l’onestà sono una questione di dignità personale oltre che politica. Quando temi importanti, che riguardano la moralità della classe politica, non sono risolti in base al criterio della trasparenza, ma del vantaggioso individuale e degli interessi elettorali, allora si offendono gli elettori e anche i politici che pensano e vivono il proprio ruolo pubblico in modo onesto.

TE

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