Cucina

Stappare o svitare, il dubbio amletico del vino

Nella carriera di ogni “gerontofilo” del vino, spesso incompreso da chi le bottiglie le ama giovani e belle, abbiamo visto tappi (di sughero) che voi umani… tappi sgretolati al primo affondo della vite a spirale, imbarazzanti fenomeni di stappo “interruptus” con imprecazioni annesse, tappi inzuppati o induriti come legno dimenticati all’apparire del calice. E tutto questo finirà, con coperture vitree o metalliche, tappi a corona o siliconici.

Romantico e sostenibile, carico di storia e di storie, perno della tradizione, il tappo di sughero è l’icona di un mondo che… per qualcuno va scomparendo. Sarà vero? Giocheremo tutti con la “richiudibilità” delle bottiglie dal tappo a vite? Stapperemo silicone o vetro? Andando oltre riflessioni autoreferenziali e iconiche cornici, il confronto è aperto.

Questione di emotività
Per riflettere sull’importanza della scelta di una chiusura – tappo in sughero, in silicone, a vite – si può partire dalle emozioni. Sì, perché proprio dall’esperienza emotiva è partito un esperimento condotto dal Behavior and BrainLab Iulm di Milano nel 2018 e ampliato nel 2022. L’obiettivo era dimostrare come la wine experience possa essere modificata tramite informazioni preliminari fornite ai degustatori e possa portare anche i più esperti a una valutazione completamente differente dello stesso prodotto.

La metodologia del centro di ricerca non si è basata esclusivamente sulla valutazione razionale, ma soprattutto sull’esperienza emotiva e cognitiva analizzata tramite tecniche neuroscientifiche. Analizzando le differenze percepite da un campione misto di esperti e consumatori abituali tra un vino che si credeva provenire da una bottiglia chiusa con tappo in sughero rispetto a un vino che si credeva provenire da una bottiglia chiusa con tappo a vite, sono emersi elementi curiosi.

I ricercatori hanno fatto innanzitutto leva sull’impatto del suono. Sono stati fatti ascoltare due audio (uno stappo da sughero e un’apertura a vite) e il primo evidenzia un engagement cognitivo maggiore del 39% rispetto al secondo, così come l’attivazione emotiva risulta maggiore del 64%. In entrambe le fasi successive – esperienza olfattiva e degustazione – i risultati rimangono coerenti: con l’esperienza olfattiva il vino che si pensa provenire da una bottiglia con tappo in sughero ottiene un engagement cognitivo maggiore del 34% mentre l’attivazione emotiva risulta maggiore del 59% rispetto a quella del tappo a vite. Nella fase di degustazione l’engagement cognitivo del presunto sughero è dell’80% superiore rispetto alla presunta vite. Inoltre, i partecipanti mostrano un’attivazione emotiva maggiore del 238% quando convinti di star assaporando vino proveniente da bottiglia con tappo in sughero.

Complessivamente dunque la bottiglia con tappo in sughero viene valutata meglio (per qualità, intensità e piacevolezza) e la maggioranza del campione ha dimostrato anche una disponibilità di spesa maggiore per la stessa rispetto al tappo a vite.

Questione di sostenibilità
La scelta del tappo è allora tutta una questione di suggestione? Forse no. Forse qualche informazione su costi, sostenibilità, prestazioni tecniche serve… Con le fluttuazioni di petrolio e materie prime, oggi non è improbabile riuscire ad ottenere prezzi competitivi per un tappo in sughero tanto quanto per uno con componenti plastiche, ma al di là del posizionamento nella scala di costi quello su cui oggi i produttori del cork tradizionale pongono l’accento è la sostenibilità della scelta.

«Nel caso di una chiusura in sughero possiamo controllare l’intero processo dalla coltivazione nelle sugherete all’estrazione della materia prima fino a produzione e commercializzazione. E questo permette di affermare e certificare che ogni tappo ha una carbon footprint negativa», rimarca Carlos Manuel Oliveira e Silva, vicepresidente di Apcor, l’associazione dei produttori in Portogallo, dove l’economia del sughero vale circa il 2% del Pil nazionale.

Ecco la migliore value proposition del sughero. «Le cantine che oggi stanno spingendo molto sulla sostenibilità – chiarisce il manager di Amorim Cork – possono facilmente aggiungere il proprio investimento nei tappi accanto a quelli su fotovoltaico e biodiesel».

Dato che però spesso la parola “sostenibilità” rischia di rimanere vuota e virtuale, vale la pena di scavare tra le pieghe del mondo cork. Si scopre allora che le sugherete sono una risorsa ambientale preziosa per la conservazione del suolo, la regolazione dei cicli idrogeologici, la riduzione delle emissioni (trattenendo 6 tonnellate di CO2 per ettaro ogni anno) e la protezione della biodiversità (sono state identificate 37 specie di mammiferi, 160 di uccelli, 24 di rettili e anfibi).

Oltre ad essere una barriera contro i processi di desertificazione, le querce da sughero non vengono tagliate e dunque la decorticazione permette alle piante di continuare il proprio ciclo vegetativo, che nell’area del Mediterraneo risulta prezioso.

Valore sociale
Il mercato del sughero – che vale circa 1,8 miliardi di euro su scala globale – viene rappresentato come ideale punto di incontro tra valorizzazione del lavoro e salvaguardia dell’ambiente. E in effetti l’estrazione del sughero risulta essere il lavoro agricolo meglio pagato al mondo, dato che richiede grande competenza e un’attenzione che si costruisce nel tempo.

In Portogallo, Italia e Spagna soprattutto, questo settore economico vive condizioni peculiari, basato su un equilibrio fragile. Questo perché – nonostante il sughero abbia molti altri impieghi potenziali, dall’isolamento delle superfici al design – sono i tappi per bottiglie di vino a trainare l’industria del sughero, rappresentando il 70% del valore di mercato per la materia prima. Ecco perché il bacino del Mediterraneo si trova nella posizione di difendere questa risorsa e i giacimenti esistenti, ovvero le sugherete.

E le performance tecniche?
Nasi umani e “nasi” elettronici, che ispezionano ogni singolo tappo, arrivano a garantire prestazioni tecniche altissime. Stando a quanto assicurano i produttori, oggi i tappi di sughero hanno performance che garantiscono una sicurezza altissima rispetto al Tca, i microrganismi responsabili dei sentori “di tappo”.

«Si tratta di mettere in campo conoscenze che si sono evolute per secoli – chiosa Oliveira e Silva – e quello che oggi sappiamo in termini di risk management ci permette di sconfiggere il Tca, lasciando libero il sughero di esprimere tutti il proprio valore in termini di sostenibilità, di efficacia tecnica e di marketing. In fin dei conti il tappo a vite è sul mercato da quasi cinquant’anni, ma oggi il sughero copre il 70% dei sistemi di chiusura nel mondo. Nonostante le nuove mode, la domanda è in crescita, tanto che la produzione non riesce a soddisfarla. Allora forse era presto per celebrare il funerale del sughero, tutt’ora vivissimo».

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Fonte:https://www.linkiesta.it/, Pubblicato il:

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