I Socialisti e i Democratici predicano bene e razzolano male

È un vecchio vezzo della politica sammarinese farsi grande richiamandosi ad alti valori identitari, quando parlano di politica estera, salvo contraddire quotidianamente quegli ideali nell’azione politica nazionale.
Il recente comunicato dei Partito Socialisti e Democratici è un ottimo esempio dell’afflato che i politici sentono ogni qual volta si tratta di giudicare ciò che succede al di fuori dei confini di San Marino. Come sono bravi i nostri politici a predicare bene e razzolare male.
Il Partito dei Socialisti e democratici si sbraccia a sostegno dei “diritti e i doveri della cittadinanza e del lavoro” che – si legge nel comunicato ‒ sono stati violati dalla destra populista che fino a poco tempo fa governava una buona fetta del mondo.
Peccato che l’unica cosa di sinistra fatta dal governo sammarinese sostenuto dai Socialisti e Democratici è una legge che è diretta conseguenza di un referendum voluto e vinto da una “società civile” molto più aperta e moderna della classe politica sammarinese. Quel referendum segna la svolta contro l’immobilismo, l’eterno attendismo, la retorica parolaia della sinistra di governo.
Il Partito dei Socialisti e Democratici le spara grosse e prende di mira tra gli altri Trump, Putin e Bolsonaro. Ma lo fa a due anni di distanza dalla sconfitta elettorale di Trump, dopo 11 mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, e dopo tre mesi dalla vittoria di Lula alle presidenziali brasiliane. Facile urlare al lupo adesso che contro il tycoon della Casa Bianca si è mobilitato il mondo intero: star di Hollywood, intellettuali, artisti, giornalisti e, ora, anche il partito dei Socialisti sammarinesi.
Non è coraggioso, né molto coerente neppure l’attacco a Putin. Non avevamo bisogno del vademecum dei Socialisti e Democratici per sapere che Putin è contrario all’Unione Europea. Verissimo, ma lo era anche il 13 settembre 2021 quando il Segretario di Stato Beccari andò a Mosca a riverire il Ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Putin era contrario all’Unione Europea anche quando San Marino ha deciso che, per contrastare il Coronavirus, avrebbe usato il vaccino Sputnik V sviluppato dai laboratori russi. All’epoca il Partito dei Socialisti e Democratici non si fece scrupoli sulla somministrazione del vaccino. Eppure erano già state espresse molte preoccupazioni in ambito internazionale, perché il governo russo aveva distribuito le dosi ancora prima che fossero pubblicati i risultati dei test clinici necessari per verificare la sicurezza dei nuovi farmaci e vaccini, e prima ancora che fossero iniziati i test per verificarne l’efficacia.
Che dire poi dell’attacco a Bolsonaro? Un altro “uomo forte” che è stato criticato in tutto il mondo ben prima di perdere le elezioni. Anche in questo caso, il comunicato dei Socialisti e Democratici appare tardivo e fuori fuoco. Hanno aspettato tre mesi per congratularsi con Lula.
Quel comunicato serve solo a farsi belli a sventolare la bandiera dei diritti e del progresso quando si parla di politica estera. Invece quando si è trattato di formare il governo dopo le elezioni, il Partito dei Socialisti e Democratici non è andato tanto per il sottile, non ha disdegnato un’alleanza con forze politiche che promuovono “valori” totalmente divergenti, sostenute da elettorati diversi, con identità e tradizioni addirittura contrapposte. Gli elementi di convergenza dei partiti di maggioranza, oltre alla determinazione ad occupare le poltrone del potere, non sono altro che la riedizione degli slogan elettorali grazie ai quali, nel 2020, si è arrivati alla più eterogenea, ampia e variopinta coalizione di governo degli ultimi 70 anni. Sono pochi gli elementi che accomunano l’attuale maggioranza a trazione democristiana, partecipata dai socialisti uniti agli esponenti più retrivi della destra sammarinese, insieme al populismo antisistema di Rete e all’aziendalismo elevato a politica di Domani Motus Liberi. D’altronde è difficile conciliare la “decrescita felice” auspicata dai retini con la ricerca della innovazione come volàno di sviluppo voluto da DML. È quasi impossibile trovare un punto di equilibrio tra l’attaccamento ai valori tradizionali proclamato dalla DC e la tutela dei nuovi diritti voluta delle forze di sinistra. Ecco allora che il minimo comune denominatore della maggioranza è la polemica continua e strumentale contro il precedente esecutivo. A ciò si aggiunge una lotta costante contro tutti coloro che non si sono allineati e non sono disponibili al compromesso. Sappiamo come è andata a finire: c’è stato il defenestramento di metà dei giudici e una perdita di competenze, sostituite da generici e poco trasparenti rapporti di consulenza.
Resta un ministero come si possa conciliare la pretesa di rappresentare la sammarinesità con il reclutamento massivo di professionisti esteri, spesso assoldati per consumare vendette.
L’insistenza sulla necessità di salvaguardare la sovranità e l’identità sammarinesi mal si concilia con il tanto agognato accordo di associazione all’Unione Europea. Questo è diventato l’ultimo degli slogan inventato e ripetuto da quella sinistra sammarinese che, in politica estera, finora le ha sbagliate tutte. Quell’accordo di associazione assomiglia sempre più ad una medaglia da mettere al petto di qualche politico sammarinese. Il governo, e con esso il Partito dei Democratici, dà per scontato ciò che, invece, dovrebbe essere dimostrato, ossia che l’accordo di associazione sia un’opportunità per San Marino. Un accordo di associazione costituisce un punto di tensione per la sovranità di un piccolo Stato, che rischia di perdere più di quanto riceve. La questione viene affrontata dal Partito dei Socialisti e Democratici sparando contro quelli che sono contrari all’Unione. Invece bisognerebbe approfondire e ragionare. La svolta europeista, così lontana dalla tradizione e dalla storia di San Marino, non dovrebbe essere un’imposizione che cade dall’altro, ma una scelta gravida di conseguenze compiuta dalla cittadinanza con piena consapevolezza dei pro e dei contro. I casi, tra loro opposti, del Regno Unito e della Grecia dimostrano che non è tutto oro ciò che luccica a Bruxelles.
TE