Ambiente e clima

Perché bisogna diminuire subito l’anidride carbonica presente nei mari

Sono sempre stato convinto che la madre di tutti i problemi sia l’anidride carbonica. Limitare l’effetto serra è pertanto una priorità, un’urgenza pazzesca. Una «battaglia che non ci conviene perdere», per meglio dire. Nei miei viaggi per mare ho constatato troppo spesso quanto la temperatura dell’acqua sia salita, e come la quantità di CO2 in superficie sia andata ormai fuori controllo. Stiamo parlando di qualcosa come 500 parti per milione, un’enormità solo a pensarci.

Quando l’acqua diventa così calda, non riesce più a scambiare con l’atmosfera e di conseguenza l’anidride carbonica si accumula. Questo significa un mare che diventa acido. Indice che si sta alterando anche il ciclo vitale delle piante. Vuol dire che i microrganismi non riescono più a sopravvivere e che si «tagliano le gambe» alla catena alimentare. La crescente acidificazione ha infatti implicazioni pesanti sulle creature che popolano mari e oceani, ma anche su noi esseri umani, che ci nutriamo dagli oceani.

Il rischio che corriamo tutti quanti è ritrovarci in una «pozzanghera morta». Ecco, se riusciremo ad affrontare il problema della CO2 potremo automaticamente risolverne molti altri: perché in qualche modo questo ci consentirebbe di ritrovare l’equilibrio perduto tra noi e la Natura, che d’ora in avanti dovrà basarsi per forza su presupposti diversi.  Rispetto al passato, oggi c’è sicuramente maggiore consapevolezza sul tema. Però, questa presa di coscienza è ancora molto superficiale in realtà, perché confinata soltanto a quella parte di popolazione che ha accesso alle informazioni. Mentre una gran parte di persone che si trova a lottare tutti i giorni per sopravvivere, ne resta tagliata del tutto fuori.

Né i governi hanno il coraggio di affrontare il tema come dovrebbero. Il cambiamento però comincia sempre a livello personale, e non potrebbe essere altrimenti. Per incidere sul clima si può partire anche dalle piccole cose: come il tener basso il riscaldamento, usare la macchina il meno possibile, usare più spesso il treno, mettere pannelli solari sul tetto della propria casa, farsi la doccia scaldando l’acqua con il solare termico.

Dovremmo anche mangiare molta meno carne e meno pesce, eccetera. Sembra difficile, ma non lo è. Quando sono in navigazione, ad esempio, tutto mi appare più semplice: perché i problemi vengono fuori immediatamente, e perché si tratta per lo più di questioni pratiche che devono essere risolte in fretta (soprattutto, se si vuole andare lontano). È chiaro anche che in mare si usi un’energia rinnovabile come il vento. Però, per la navigazione servono anche un computer e tanti altri strumenti che necessitano di elettricità. A bordo di un’imbarcazione sei facilitato dal fatto che, per quanti problemi possano verificarsi, è comunque un mondo molto piccolo, e quindi puoi governarlo con scelte intelligenti.

Come appunto installare dei semplici pannelli solari, che ti permettono non solo di produrre tutta l’energia di cui un’imbarcazione ha bisogno, ma anche per metterne via un po’ ogni giorno. In modo che poi, quando si è giunti in porto, c’è sufficiente energia per accendere il motore e fare manovra. Servono accortezza e qualche rinuncia, ma è sicuramente una sfida che si può affrontare. È questo il grande tema: non serve vivere per forza in maniera bucolica o talebana.

Si può raggiungere un equilibrio totale con la Natura in piena autonomia, semplicemente rinunciando a un po’ di opulenza. Se persino un trimarano Maserati oggi può montare un motore elettrico, e se è possibile navigare con un’autonomia energetica totale, significa che – come siamo riusciti ad archiviare il motore a scoppio – potremo presto alimentare ogni strumento con le sole energie rinnovabili.

È ovvio che affidare soltanto alle singole iniziative il cambiamento non può e non deve bastare. Dobbiamo infatti cercare di convincere quante più persone possibili a mettere questa tematica in cima alle priorità della politica per gli anni a venire. Il che significa unirsi gli uni con gli altri, per cercare un «cambio di rotta» neanche troppo metaforico.

Siamo in una situazione tale per cui è davvero indispensabile una risposta chiara da parte delle istituzioni nazionali e sovranazionali: bisogna pensarci molto bene anche quando si va a votare, cercando di premiare coloro i quali hanno ben chiaro come il cambiamento climatico abbia la precedenza su tutto. Purtroppo, non ce ne sono molti di politici simili. In ogni campagna elettorale si sentono tante belle parole, però poi alla fine… Invece, la questione è urgente: anche perché se già oggi occorrono quasi quindici anni prima di ottenere un via libera per un impianto eolico, come possiamo sperare di vincere la battaglia?

Devo dire che il governo italiano sotto Mario Draghi ha agito bene. Ha sbloccato un sacco di progetti tendenzialmente di grandi dimensioni. E ciò nonostante, tutti i progetti di piccola dimensione (che poi sono anche quelli meno impattanti e più facilmente realizzabili) restano ancora bloccati. E pensare che l’Italia è, in Europa, tra i Paesi che hanno maggiori potenzialità di successo per raggiungere una piena transizione ecologica. Intanto, abbiamo il vento: basta pensare alla Sardegna, agli Appennini tra la pianura padana, e tra gli Appennini e il mare. Avremmo dovuto puntarvi di più negli anni passati, aver già realizzato moltissimi impianti. A questo punto probabilmente ci saremmo ritrovati in un’altra più favorevole situazione. Purtroppo, le cose invece non succedono quasi mai nei tempi sperati. Riconosco che c’è stata una spinta positiva negli ultimi due anni. Per fortuna il Pnrr parla chiaro. Ma il tempo stringe. Noi italiani siamo favoriti dalla Natura che ci circonda, ma questa spinta va accompagnata con intelligenza, parsimonia e lungimiranza. Di certo, in questo modo già oggi potremmo raggiungere tranquillamente l’80% di energie da fonti rinnovabili. Che cosa stiamo aspettando?

Il capitale naturale, idee e soluzioni per fare pace con il Pianeta, a cura di Daniele Moretti, Paesi edizioni, 264 pagine, 16 euro

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Fonte:https://www.linkiesta.it/, Pubblicato il:

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