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Adesso Barbarella batte Cassa

A San Marino l’aria sta diventando pesante. C’è qualcuno che predica idee strampalate in nome del bene comune e qualcuno che puntualmente le attua pro domo sua. A noi Barbarella all’inizio piaceva. Come potevamo non provare vicinanza verso chi è stato privato della libertà personale per vicende che sono state a lungo al centro dell’attenzione pubblica sia sammarinese che italiana? Come non essere solidali verso chi è stato privato della propria azienda per una scellerata scelta dell’autorità di vigilanza? Per mesi abbiamo letto i racconti strazianti di Barbarella sulle pagine di Repubblica.sm. Ogni giorno era un colpo al cuore, ma a un certo punto quei racconti si sono trasformati in lamentazioni e piagnistei. Mentre Barbara pretendeva solidarietà per se stessa, è salita sul carro dei vincitori e ha ingaggiato una guerra contro tutti quelli che, a torto o a ragione, non erano allineati con Asset. Così Barbarella ha trasformato le sue quotidiane lamentazioni in sermoni moralizzanti nei quali il fine personale (la vendetta, la ritorsione, il riscatto) diventavano interessi collettivi (la giustizia, l’economica, la legalità). Le sue prediche sono diventate pietre, pronte ad essere scagliate contro l’avversario.
È stato così che la settimana scorsa, dalle pagine di Repubblica.sm, Barbarella ha lanciato il suo anatema contro il potenziale acquirente di Villa Filippi, un immobile già di proprietà di Asset Banca, ma ceduto a Cassa di Risparmio a seguito della liquidazione dell’istituto diretto da BT. Con un articolo al vetriolo Barbarella se l’è presa sia con l’acquirente, un non meglio specificato “gruppo di Montegiardino” interessato ad acquistare l’immobile, sia con la Cassa di Risparmio, la “banca di Stato”, colpevole di aver osato porre all’asta un bene che, volente o nolente, faceva parte del patrimonio dell’istituto di cui Barbarella è stata direttrice. Apriti cielo. Barbarella era furibonda: “Villa Filippi era di Asset Banca e voglio pensare che lo sia ancora”. “Voglio pensare” è una espressione che va interpretata. In italiano vuol dire che, secondo la legge, l’immobile non è affatto di Asset Banca, ma che quest’ultima pretende di rimettere le lancette all’indietro a costo di calpestare i diritti acquisiti da soggetti terzi (Cassa di Risparmio) e dall’acquirente. Guai a chi dice il contrario. Non solo Barbarella pretende il legittimo indennizzo dallo Stato e da Banca Centrale per i torti subiti, ma intimidisce anche chi, per precisa scelta dell’allora governo, si è fatto carico di sbrogliare la complicata matassa dei crediti-debiti di un istituto in liquidazione.
Quest’invettiva contro l’acquirente e contro Cassa di Risparmio si è subito trasformata in un linciaggio a mezzo internet. Poche ore dopo l’uscita dell’articolo di Barbarella, c’è stato chi ha subito rilanciato la sfida annunciando una raccolta firme per scongiurare la vendita e per istituire una Commissione d’inchiesta parlamentare contro la Cassa di Risparmio. Un partito ‒ non si sa quale sia ‒ ha preannunciato il suo sostegno alla campagna mediatica. Il risultato: il potenziale acquirente ha immediatamente ritirato l’offerta e, perciò, la vendita è stata bloccata.
Non è un risultato di cui essere fieri. Qui non si tratta di difendere le proprie idee e i propri diritti, ma di imporli agli altri con la forza della intimidazione (come altro definire raccolta di firme per istituire una commissione di inchiesta contro Cassa di Risparmio?). Sembra di essere in uno di quei paesi dove esistono gruppi di persone che riescono ad assoggettare le istituzioni e lo Stato al proprio volere, facendo scappare chi osa mettere becco su tutto ciò che il gruppo considera come cosa propria.
Può darsi che Barbarella abbia subito dei torti, ma attaccare a brutto muso Cassa di Risparmio e un gruppo imprenditoriale che ha semplicemente fatto un’offerta non è quello che ci si aspetta da chi quotidianamente si professa vittima di ingiustizie. Tanto più che Cassa di Risparmio, sarà anche “la banca dello Stato”, ma di ingiustizie ne ha subite molte.
La ruota gira, e, se non si cambia metodo, al peggio non ci sarà fine.

TE

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