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San Marino sull’orlo della recessione. Il Segretario Lonfernini si preoccupa solo di far quadrare i conti dell’Azienda dei Servizi con aumenti che colpiscono famiglie e imprese. Intanto gli stipendi e le pensioni sono sempre più bassi per colpa dei mancati rinnovi contrattuali e dell’inflazione.

L’inflazione crescente e il caro bollette continuano a erodere la capacità di acquisto delle famiglie e delle imprese sammarinesi. Per i mesi a venire lo scenario sarà ancora più difficile. Il caro vita e l’aumento dei costi dell’energia porteranno inevitabilmente a ridurre gli acquisti da qui a fine anno. Per le imprese la situazione è più articolata ma poco rassicurante: in media si registra un calo in tutti i settori, che diventa però più rilevante per i lavoratori autonomi e per le piccole imprese.
Nei giorni scorsi le organizzazioni sindacali hanno preannunciato mobilitazioni di settore e uno sciopero generale per far fronte alla perdita del potere di acquisto, dovuto ai mancati rinnovi contrattuali e all’aumento delle bollette, oltre che alle riforma pensionistica che il Consiglio Grande e Generale ha varato senza alcuna mediazione con le parti sociali. Un mix esplosivo che, anche senza essere pessimisti, prelude a un’imminente recessione.
Contro inflazione e recessione le famiglie e le imprese avranno sempre più bisogno di soldi, ma il sistema bancario sammarinese è in crisi da anni e le banche danno sempre meno soldi e li fanno pagare sempre più.
In questo contesto, per evitare che la crisi contingente si trasformi in una crisi di sistema capace di portare al default aziende e privati, sarebbe necessario un immediato intervento del Congresso di Stato che pianificasse e attuasse misure capaci di contrastare, o almeno attenuare, l’impoverimento progressivo del Paese.
È questo il vero problema: sarebbe necessario prolungare e rafforzare le tariffe calmierate per famiglie e imprese, oltre che incentivare interventi per la produzione ecosostenibile di energia. Invece abbiamo assistito a un immobilismo del governo capace di aumentare ancor più le incertezze di famiglie e imprese. A leggere certe prese di posizione, vien da pensare che il Segretario Teodoro Lonfernini, più che governare un paese, ritenga che il suo compito sia quello di amministrare l’Azienda dei Servizi e assicurare che i bilanci non siano in perdita. In un contesto di imminente recessione, con una inflazione che, stando alle stime italiane, sfiora il 12%, la politica è chiamata a far sentir la sua voce. Non si può relegare il problema entro i confini angusti del bilancio dell’AASS. In gioco c’è il destino dei tanti cittadini che arrivano a stento alla fine del mese o di quelle aziende che in questi anni sono sopravvissute a malapena alle ristrettezze imposte dalle misure anti-covid.
È ipocrita affermare che le tariffe energetiche sono bloccate da troppi anni. Questo ragionamento è condivisibile se a farlo è il contabile dell’Azienda dei Servizi, invece mal si addice a un Segretario di Stato. Se è vero che il prezzo dell’energia è rimasto fermo per anni, è altrettanto vero che nello stesso tempo sono rimasti bloccati anche i rinnovi contrattuali. Gli stipendi e le pensioni – non adeguate da più di un decennio, e da ultimo ritoccati al ribasso – non sono più sufficienti a far fronte a un’inflazione che dal 2-3% degli ultimi tre anni si è impennata sino al 12% odierno. Il Congresso di Stato, invece di governare la crisi, ha deciso di fare muro contro le proteste dei cittadini, delle aziende, delle associazioni di categoria e dei sindacati. Un’alzata di scudi che, anziché stemperare gli animi, rischia di aggiungere alla crisi economica una conflittualità sociale.
Il bilancio dell’AASS è una scusa bella e buona, perché è onere dello Stato far fronte alle perdite che l’azienda subisce a fronte dell’aumento del costo di gas e luce. Questo è il compito di chi governa: tutelare il bene comune, componendo interessi in contrasto.
Il Congresso di Stato ha due alternative immediate: o aumenta le tariffe e contestualmente aumenta stipendi e pensioni, o continua a calmierare i prezzi dell’energia rinviando nel tempo i rinnovi contrattuali. Altra possibilità non c’è anche perché il carovita va a colpire le fasce più deboli, che saranno falcidiate dall’aumento sproporzionato dei prezzi di luce, gas, acqua, carburante e cibo. Sono spese indifferibili che le famiglie sammarinesi non possono tagliare, a meno di rinunciare al proprio benessere quotidiano. Non si tratta di comprare un nuovo cellulare o una macchina nuova: spendere di meno per fare la spesa o usare meno la lavastoviglie o l’asciugacapelli è qualcosa che ci fa sentire tutti più poveri.
Inoltre gli aumenti ipotizzati in questi giorni sono sottostimati. Infatti la base di partenza usata per calcolare gli aumenti non è realistica. Sono poche le famiglie che pagano 70 euro a bimestre per l’energia elettrica. Quella cifra è fatta dalla media tra utenze reali delle famiglie che vivono a San Marino, e utenze virtuali, di famiglie che risiedono in Repubblica ma che, per le ragioni più varie, vivono fuori San Marino. In realtà la spesa media di una famiglia per l’energia elettrica supera i 100 euro e l’aumento realistico porterà a oltre 300 euro a bimestre la cifra che dovrà sborsare nel prossimo futuro. La stessa cosa vale per il gas, che dagli attuali 170 euro a bimestre (non certo 120 come ottimisticamente previsto dal governo), passerà a oltre 500 euro. Per non dimenticare l’aumento del carrello della spesa e dei carburanti per il quali, il governo ha preannunciato la decurtazione dello sconto smac.
Dal Congresso di Stato, oltre che misure immediate, ci si aspetta anche interventi equi. E tra questi non si può considerare la differenza che passa tra una famiglia o una piccola impresa, da un lato, e una impresa energivora, dall’altro. Quest’ultima, oltre ad assorbire gran parte degli stock di energia già acquistati dall’Azienda di Stato, ha un impatto ambientale ormai insostenibile. Agli incentivi per la produzione di energia green si dovrebbero unire misure per disincentivare sprechi e modi di produzione dannosi per l’ambiente. Non necessariamente gli sconti e gli incentivi devono riguardare tutti indistintamente. Anche questo è un aspetto che richiede consapevolezza e capacità politica. La crisi innescata da caro vita e dall’inflazione deve essere affrontata con lungimiranza, equità ed intelligenza. I governanti si mettano al lavoro, anziché sfogarsi sui social atteggiandosi a vittime di un mondo che non capiscono più.  TE

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