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La disastrosa risoluzione di Banca CIS ha comportato costi insostenibili che hanno assorbito anche i fondi sequestrati. Quando il rimedio è peggio del male

Più passa il tempo e più la fantomatica “Risoluzione Banca Cis” si rivela un’operazione inadeguata, se non fallimentare. Quella operazione sta costando allo Stato ed ai risparmiatori un prezzo insostenibile.
Per giustificare l’operazione, tre anni fa, venne detto che grazie alla risoluzione si sarebbero create una bad bank ed una good bank, ma ad oggi della good bank non ce traccia. E non perché mancassero gli attivi, ma perché, come si sta scoprendo, gli attivi sono stati usati per alimentare un’amministrazione straordinaria dai costi faraonici, che in due anni è costata milioni e milioni di euro.
La teoria della good bank, da separare dalla bad bank e da salvare, è stata la goffa giustificazione che un consigliere (abilmente manipolato) ha usato per dare dignità alla chiusura di un’azienda con decine di dipendenti. Una scelta scellerata agli occhi di tutti ma non di coloro che dovevano giustificare un cambio di governo. Chi ha tradito la maggioranza di cui faceva parte, ha cercato di ammantare la pugnalata alla schiena inferta ai suoi compagni di maggioranza e di partito, improvvisandosi banchiere per un giorno. Ma la giustificazione era una foglia di fico, che il primo soffio di vento ha portato via svelando l’assenza di strategia, di ponderazione e la manipolazione della verità con cui è stata attuata la risoluzione bancaria.
Un primo dato la dice lunga. La legge sulle risoluzioni è posteriore alla crisi di Banca CIS. Una legge fatta e applicata retroattivamente con l’unico obiettivo, che univa diversi schieramenti politici, di danneggiare Grandoni e Co. Come se non bastasse, la legge è stata successivamente e ripetutamente  modificata, per rendere più facile lo svuotamento di una banca, in crisi, ma funzionante, con crediti in bonis. La chiusura della banca ha avuto costi di gestione enormi, che hanno assorbito tutta la liquidità presente nell’istituto. Oggi, si scopre che per sostenere i costi di una struttura inutile e senza prospettiva economica, sono stati usati anche i fondi sequestrati dalla magistratura.
Nel momento stesso in cui le autorità hanno deciso di interrompere l’attività bancaria di Banca CIS, mantenendo intatta al contempo la struttura gestionale, è stato inevitabile che i costi di gestione della BNS fossero pagati con la liquidità presente nell’istituto.
Per evitare che la crisi di Banca Cis ricadesse sulla collettività, determinando la perdita dei posti di lavoro, dei risparmi dei correntisti e una forte esposizione dello Stato, Banca Cis avrebbe dovuto procedere in continuità, coinvolgendo le altre banche del sistema, come era sempre stato fatto, oppure si doveva cederla a terzi.
L’unica cosa che non bisognava fare era la risoluzione. Lo stesso amministratore straordinario Bonfatti in varie riunioni di maggioranza ha dichiarato che la chiusura dell’istituto era la scelta peggiore, una strada senza ritorno che avrebbe comportato perdite enormi a carico dello Stato. Di quel che diceva Bonfatti nessuno si è preoccupato, men che meno la vigilanza di Banca Centrale che da anni meditava la vendetta contro Grandoni.
È orami noto a tutti che la Presidente di BCSM fu la mezzana tra esponenti del vecchio governo, smaniosi di cambiare casacca, e membri dell’allora all’opposizione (ora governo).  Non è un caso che, in questi giorni, alcuni Consiglieri di maggioranza e il Segretario Gatti abbiano soffiato sul fuoco, cercando di attribuire la colpa all’amministratore straordinario o al precedente CDA di Banca CIS.
Eppure basta poco per capire come sono andate le cose. Chiunque conosca l’amministratore straordinario Bonfatti sa benissimo che mai avrebbe mosso una penna o un euro senza avere la copertura di Banca Centrale.
Se i fondi presenti in Banca CIS, ivi compresi i depositi sequestrati, sono stati usati per far fronte ai costi dell’amministrazione straordinaria, ciò non può che essere avvenuto su disposizione o su autorizzazione scritta della Banca Centrale.
Siamo sicuri che il Governo effettuerà immediatamente gli accertamenti necessari. Speriamo solo che nulla vada improvvisamente perduto e che nessuno perda improvvisamente la memoria.
Nel frattempo restiamo in attesa che Banca Centrale spieghi ai cittadini che fine ha fatto la Good Bank, perché non ha ceduto Banca Cis ad altre banche del sistema e perché ha impedito una vendita a terzi.
Il risultato è che i sammarinesi continuano a pagare per le vendette personali di alcuni funzionari lautamente stipendiati e di alcuni esponenti politici con le mani in pasta.  
TE   

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