Ne bis in idem, vince la giustizia.

Riconosciuto a San Marino il principio del ne bis in idem. A prescindere dalla vicenda in sé, ciò che conto è il principio di diritto che è stato sancito. Di fatto è stato chiarito che la stessa persona non può essere giudicata per gli stessi fatti oggetto di un altro procedimento in un altro Stato, anche se il procedimento estero non sia stato ancora definito con sentenza irrevocabile.
Tratto da l’Informazione del 25 agosto 2022
NE BIS IN IDEMINTERNAZIONALE, STOP IN APPELLO AL PROCESSO SUL CASO DEL CREDITO SAMMARINESE
Pubblicata ieri mattina con la lettura da parte del Commissario della legge Adriano Saldarelli, la sentenza di appello depositata dal giudice Francesco Caprioli del processo sul caso del Credito Sammarinese. Presenti alla lettura della sentenza, oltre al Procuratore del fisco Giorgia Ugolini, anche gli avvocati Simone Menghini, Luca Della Balda, Arianna Della Balda e Gian Nicola Berti, per conto dei loro assistiti. Una sentenza, quella del giudice Caprioli, che ha dichiarato da un lato il non luogo a procedere per ne bis in ideminternazionale e dall’altro ha confermato la confisca del denaro, pari a 1.330.897,82 di euro già sotto sequestro, riconoscendo dunque la provenienza illecita della somma. Una sentenza che potrebbe essere definita innovativa, dato che stabilisce il non doversi procedere per difetto di giurisdizione derivante dalla pendenza di un processo sui medesimi
fatti in altro stato del Consiglio d’Europa. In sostanza, poiché si sta procedendo in Italia per le stesse vicende, non può essere celebrato un altro processo a San Marino. Sintetizzando: ne bis in idemper litis pendenza in altro stato. Questo poiché, secondo quanto valutato dal giudice, il procedimento italiano è stato aperto antecedentemente a quello sammarinese. A ben vedere, tuttavia, anche secondo i commenti dei diversi legali presenti alla lettura della sentenza, la questione sulla priorità dell’apertura del fascicolo sul caso, non sarebbe così pacifica. Infatti, quando venne segnalato all’Agenzia di informazione finanziaria sammarinese il deposito del denaro di Vincenzo Barbieri, legato alla ‘Ndrangheta e corriere della droga, a San Marino venne aperto un procedimento dal Commissario della legge Simon Luca Morsiani, che inviò una rogatoria in Italia e contestualmente diede incarico all’Aif di verificare la situazione. Successivamente a questo, in Italia, dove era già aperta l’inchiesta denominata Decollo, venne aperto un ulteriore ramo di quell’indagine denominato Decollo Money riguardante il filone sammarinese. Da quello giunsero sul Titano le carte delle intercettazioni della Direzione distrettuale antimafia che portarono poi all’apertura di un ulteriore fascicolo in carico al Commissario della legge Rita Vannucci, che poi dispose gli arresti, i sequestri e rinviò a giudizio. Quindi un intreccio di diversi procedimenti penali aperti in Italia e a San Marino, che non rende così pacifico dove il procedimento sul Credito sammarinese sia stato aperto prima. Il Giudice di appello ha comunque stabilito che in presenza di procedimento aperto in Italia, a suo giudizio aperto prima di quello sammarinese, sul Titano non si debba procedere. Una pronuncia che avrà di certo riflessi anche su procedimenti futuri e che implicherà valutazioni anche nel processo italiano dove, a parte l’ex direttore del Cs Valter Vendemini, gli altri soggetti sammarinesi, tra cui Lucio Amati presidente della banca e Sandro Sapignoli responsabile dell’antiriciclaggio, sono stati tutti assolti. In Italia, presso il tribunale di Vibo Valentia, è infatti pendente il ricorso in appello da parte del Pubblico ministero, ma anche dei difensori di chi ha subito la condanna in primo grado. La pronuncia sammarinese, seppure positiva per gli imputati perché chiude il caso per tutti sul Titano, lascia alcune perplessità anche alle difese che avevano chiesto nelle arringhe finali una conferma delle conclusioni assolutorie ottenute oltre confine in primo grado. Pronuncia nel merito che avrebbe avuto un suo riflesso anche in sede di appello in Italia, cui adesso è invece sostanzialmente demandata la pronuncia definitiva sulle condotte contestate, di fatto svoltesi sul Titano. La vicenda del cosiddetto filone sammarinese riguardava l’accusa di riciclaggio di denaro, in particolare quello movimentato da Vincenzo Barbieri, poi morto ammazzato nel marzo 2011. Oltre 1,3 milioni di euro che l’ex direttore del Credito Sammarinese, Vendemini, trasportò in contanti in dei borsoni dopo esserli andati a prendere a Bologna presso l’Hotel King Rose di Barbieri dove questi si trovava ai domiciliari. Per questi fatti a tutti gli imputati era dunque contestato il riciclaggio in compartecipazione. La decisione del giudice di appello di non luogo a procedere per difetto di giurisdizione dovuto al ne bis in ideminternazionale, chiude dunque la questione a San Marino con il proscioglimento di tutti gli imputati e la conferma della confisca del denaro. Possibile tuttavia che i legali, una volta lette e studiate le motivazioni della sentenza, possano valutare di proporre ricorso in Terza istanza per ottenere una pronuncia assolutoria ancor più favorevole. af