Gustavo Petro, favorito alle elezioni in Colombia, ha sospeso la campagna per minacce di morte

Sono cose che accadono in Colombia. Fanno parte della sua storia punteggiata dalla violenza e dagli omicidi eccellenti. Ma vedere un candidato alla presidenza, il più forte nei sondaggi, il favorito alle elezioni del prossimo 29 maggio, costretto a sospendere la campagna perché minacciato di morte sembra quasi surreale. Si sa che ogni figura politica eminente, soprattutto alla vigilia di un appuntamento elettorale, finisce nel mirino di presunti mitomani.
In questo caso è diverso. Guastavo Petro, 61 anni, ha tutte le carte per vincere al primo turno. Con una maggioranza rilevante. Ha il pregio di essere un uomo pacifico: non ha mai impugnato un’arma nonostante abbia fatto parte del M-19, un movimento di guerriglia degli anni ’80 del secolo scorso poi tornato nella legalità. È impegnato soprattutto nel sociale, è stato sindaco di Bogotà. Rappresenta, come dicono nel suo staff, “il cambiamento nella Colombia che cerca un cambiamento”. Ma ha un difetto agli occhi dei suoi detrattori e di un Paese tradizionalmente conservatore. È di sinistra.
E il fatto che possa diventare il prossimo presidente della Colombia agita non tanto lo spettro ormai usurato del chavismo che con Petro può arrivare anche nel paese andino. Dà fastidio perché realizza qualcosa che non è mai avvenuto: la prima vittoria della sinistra. Farlo fuori è un’opzione sempre più concreta. Lo ha annunciato lui stesso lunedì scorso. “Ho deciso di sospendere la campagna elettorale”, ha detto ai cronisti che lo seguivano. I membri del suo staff e gli addetti alla sicurezza confermano le notizie raccolte dalla polizia e dall’intelligence.
La minaccia di morte è seria. Arriva da un gruppo paramilitare, La Cordillera, attivo nella zona dei cafeteros, i grandi produttori dei chicchi che fanno felici gli amanti della bevanda più diffusa al mondo. Qualcuno dice che sono mafiosi. Ma in realtà con questo termine si intende qualcosa di più generale: gente che gestisce il traffico di droga, armi e migranti; che taglieggia e impone il pizzo ai commercianti; che estorce per difendere chi si sente minacciato. Domina i territori che controlla per il business e si presta al lavoro sporco per togliere di mezzo chi lo intralcia.
Gustavo Petro costituisce un pericolo per questi gruppi paramilitari al servizio dei potenti. Li ha conosciti bene quando era nell’M-19. Era clandestino ma faceva attività sociale nella zona anche all’epoca controllata dagli squadroni della morte. Chi lo conosce ricorda che dormiva con la pistola sotto il cuscino. Sapeva di essere nel mirino per il suo impegno tra contadini e attivisti rurali. Erano altri tempi. La tensione si allentò, lui tornò nella legalità, entrò nel partito nato sulle ceneri del movimento guerrigliero, si tuffò in politica, venne eletto sindaco della capitale. Sei mesi fa ha vinto le primarie con un largo margine. Oggi i sondaggi confermano il suo successo.
Cresciuto nel mito di personaggi come Jorge Eliécer Gaitán, il candidato liberale alla presidenza assassinato per strada nel 1948, omicidio che diede il via al Bogotazo, l’ondata di violenza che non si è mai più fermata, ha visto uccidere 32 anni fa Carlos Pizzarro, il leader dell’M-19 anche lui tornato alla vita civile e impegnato nella campagna presidenziale. Ricorda l’assassinio di Luis Carlos Galán, appena un anno prima, altra figura di spicco del mondo liberale fatto fuori nel bel mezzo di un comizio. Non sono stati gli unici leader politici a cadere sotto il piombo di sicari. È accaduto anche con esponenti conservatori. Per non parlare della mattanza portata avanti dalle Farc che nel 2016, dopo 52 anni di conflitto, hanno firmato un accordo di pace fragile e traballante.
La pesante minaccia di morte e la sospensione della campagna arrivano in un momento decisivo per il futuro della Colombia. Ci sono almeno tre regioni prigioniere della violenza e degli scontri tra gang; la destra è in difficoltà e alle prese con le sue divisioni interne; il centro ha tre diversi candidati e nessuno ha speranze di prevalere al ballottaggio. Gustavo Petro vuole sfruttare il vantaggio e punta a vincere al primo turno. Fermare la sua corsa, anche con un colpo di pistola, non è solo una suggestione. I principali avversari hanno reagito in modo diverso, racconta El Pais che riporta la notizia.
Fico Gutiérrez, della destra, ha caricato un video in cui alcuni seguaci di Petro portavano una bara che secondo loro rappresentava la sua morte. Il leader del Centro, Sergio Fajardo, ha stigmatizzato la pubblicazione e solidarizzato con il candidato della sinistra: “In Colombia non possiamo dubitare o delegittimare una minaccia di morte. È una cosa molto seria”. Si fanno sentire anche i militari. Il capo dell’esercito, il generale Eduardo Zapateiro, su Twitter ha attaccato frontalmente Petro. Un’iniziativa incostituzionale visto che in Colombia i militari, per legge, devono astenersi da qualsiasi interferenza politica. L’alto ufficiale ha solo espresso quanto dicono, in forma anonima, i suoi colleghi. Petro è un pericolo. Va fermato anche con un golpe.
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