Perversioni sessuali e potere. Il parere dell’esperta.

Può capitare a chiunque di incappare in un individuo affetto da disturbi sessuali, ma occorre una preparazione medico scientifica per riconoscere le patologie che sottostanno a certi comportamenti, per questo pubblichiamo un breve ma interessante scritto della Psicologa e Psicoterapeuta Flavia Missi sulla sessualità perversa.
“Si definisce perverso un comportamento che può riguardare fantasie, impulsi e comportamenti considerati anomali e devianti, rispetto alla società di appartenenza.
Già questa definizione, così precaria, lascia intuire che porre un limite dal punto di vista scientifico, sia molto complicato, anche semplicemente perché le culture si evolvono in continuazione, non identificano dei valori statici ma sono influenzate da moltissimi fattori: come il periodo storico, il contesto socio-culturale, i valori di riferimento, la religione, le migrazioni, il lavoro, il ruolo dell’uomo e della donna nella società, il ruolo della famiglia e da molto altro.
Perverso deriva dall’aggettivo latino perversus, participio passato del verbo per-vertere che significa sconvolgere, sviare, quindi denota un comportamento sviato rispetto all’idea del comportamento usuale, socialmente più frequente e condiviso. Attualmente si ritiene che questo termine richiami i fantasmi del moralismo perciò si preferisce usare la definizione di parafilie. Stoller definisce perversione una forma erotizzata dell’odio: una vendetta che attraverso forme distorte di piacere, tenta di riparare le umiliazioni subite in infanzia; ciò si verifica a costo di un profondo disprezzo e di una lontananza dall’altro che protegge il soggetto da un contatto più intimo e autentico con l’altro, ma anche con sé. In questo troviamo una similitudine del PTSD (disturbo post-traumatico da stress) in cui la persona sottoposta ad un trauma, rivide in fantasia o con azioni il comportamento subito, però stavolta cambiando il suo ruolo; ad esempio immaginare di essere il carnefice piuttosto che la vittima (Karpman, 1968), per esorcizzare la paura di un dato evento.
Nel DSM il Manuele Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali le parafilie più conosciute e studiate risultano essere: l’esibizionismo ed il voyerismo.
L’esibizionista è colui che prova piacere nel mostrare in pubblico propri genitali, è importante che il suo pubblico non sia bendispostoe complice di tale condotta, ma anzi che si senta spaventato e minacciato dall’aggressione agita. Nell’idea dell’esibizionista c’è la violenza, la provocazione verso l’altro che avviene rompendo il confine di ciò che è più intimo (Simonelli, 2014). (..) Nella nostra società potremo parlare anche di un esibizionismo digitale a scopo aggressivo, talvolta per suscitare l’ammirazione altrui o semplicemente avere conferma di sentirsi visti, presi in considerazione e quindi importanti per qualcuno. Quello che manca, è la possibilità di avere un confine mentale tra privato e pubblico che coincide spesso, nella storia di queste persone, con l’assenza di una figura che abbia avuto una valenza protettiva, mettendo un confine tra il bambino e gli stimoli, le condotte dannose.
Il voyeur invece è colui che prova piacere dall’osservazione di una coppia o di una persona in attività sessuali, in questo caso l’idea è di penetrare in modo furtivo nell’intimità dell’altro, quasi come un ladro.
In entrambi i casi si evince una dinamica relazionale basata sullo sbilanciamento di potere: il potere di invadere l’altro, di sorprenderlo nel momento in cui si mostra fragile e inerme. Tali comportamenti danno un iniziale sollievo, per poi richiedere la necessità di esser agiti nuovamente, come in una dipendenza altrimenti la persona si sentirà invasa da stati di ansia, terrore, nervosismo come in una sindrome da astinenza.(…)”