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Inquietante apparizione del fantasma della Parva Domus: Elena Tonnini.

Dopo i recenti fatti che vedrebbero il sammarinese Giacomo Simonicini autore di molestie a sfondo sessuale nei confronti di una segretaria, il Segretario agli interni di San Marino, Elena Tonnini,  ha attaccato la stampa. Ha bollato la pubblicazione della notizia come un «attacco vile» una «ferita» per l’istituzione reggenziale.

Ma come misurare il livello della libertà di stampa sammarinese? 

Vediamo che cosa succede in altri Paesi. Negli Stati Uniti se il Presidente sbaglia, si può avviare un impeachment e, soprattutto, se ne può parlare, pubblicamente e liberamente. Negli Stati Uniti – proprio come a San Marino – ci sono organi preposti ad accertare le responsabilità del Capo dello Stato, ma questo non impedisce ai giornali, all’opinione pubblica di discuterne con la consapevolezza che la questione non ha nulla a che vedere con la Presidenza degli Stati Uniti, ma attiene invece al “malfatto” (si direbbe a San Marino) del Presidente in carica.  

Agli antipodi degli Stati Uniti, si pongono invece paesi come la Corea del Nord, l’Iran, l’Eritrea, dove chiunque osi criticare il potere costituito rischia la libertà e la vita. In Europa nella Bielorussia di Lukashenko, la polizia fa spesso irruzione nelle redazioni per arrestare i giornalisti e bloccare siti indipendenti. Nel 2018 il governo ha emanato una legge contro le fake news che permette di tenere sotto controllo i fornitori di servizi internet e, fra le altre cose, di attuare una sorveglianza digitale dei cittadini.

Non è un caso che in questi paesi, per giustificare le feroci reazioni contro gli avversari politici, si invochino quegli stessi argomenti tanto cari al Segretario Tonninitutela delle istituzioniprestigio del Paese e ovviamente lotta contro chi la pensa diversamente. Anche lì l’avversario è sempre “vile” e non esercita mai il sacrosanto diritto di opinione, ma “attacca” e “ferisce”.

Quindi, per rispondere alla nostra domanda sulla libertà di stampa, è facile intuire quale direzione stia prendendo la più antica Repubblica del mondo.

Le dichiarazioni del Segretario Tonnini sono davvero pericolose.

Sembrava che la Tonnini avesse una mentalità democratica e liberale quando gridava dai banchi consiliari come una pasionaria. Ma il tempo cambia tutto anche le idee (putroppo non quelle sbagliate).

Noi pensiamo che i mezzi di comunicazione non debbono stare sotto l’occhio vigile del governo, ma anzi che il governo debba promuovere la trasparenza e la libertà di informazione, anche quando la notizia è scomoda o sgradita.

Dare voce alle ingiustizie non è eversivo nei confronti della linea politica dominante, come il Segretario Tonnini crede e vuol far credere. I giornalisti controllano il potere in quanto tale, specialmente se soffocante e oppressivo; ma non hanno nel mirino uno specifico movimento, partito o coalizione. Il giornalista racconta il mondo alle persone comuni. Il giornalista è il paladino della libertà d’espressione. Additare i giornali come se fossero dei sovversivi, non è soltanto una minaccia per la libertà e la democrazia, ma è pure controproducente. Prima di tutto, perché la censura di un giornale non impedisce alle notizie di diffondersi. Si può strozzare la libertà di stampa, ma non si può impedire che prima o poi la verità venga a galla. In secondo luogo, perché la censura diventa un potentissimo mezzo di promozione del dissenso, amplificando la portata della notizia e confermando l’abilità di un giornalista di cogliere nel segno.

La libertà di parola è qualcosa che ha a che vedere con l’uguaglianza di tutti i cittadini. Povero quel Paese in cui la libertà diventa atto eversivo e criminale.

LG

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